Con la Risoluzione n. 22/E del 23 maggio 2022 arrivano rilevanti chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sull’applicazione del regime sanzionatorio in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati al Sistema tessera sanitaria.
L’obbligo di comunicazione, regolamentato dall’articolo 3, comma 3, del D. Lgs. n. 175/2014, prevede per specifici soggetti individuati dalla norma stessa, l’obbligo di inviare al Sistema tessera sanitaria i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate nei confronti delle persone fisiche, ai fini della loro messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate per l’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata.
Trasmissione dei dati– La trasmissione dei dati, le cui specifiche tecniche e modalità operative sono state definite in origine dal DM 31 luglio 2015, può essere effettuata utilizzando tre diverse modalità:
- attraverso la pagina web dedicata, data entry di ogni singola spesa sul sito www.sistemats.it;
- con l’invio di ogni singola spesa (c.d. web service sincrono);
- trasmettendo un file zip, contenente un file xml, con uno o più documenti (c.d. web service asincrono).
L’invio dei dati dovrà avvenire secondo i termini stabiliti dall’articolo 7, comma 1, del DM 19 ottobre 2020, da ultimo modificato dall’articolo 2 del Decreto 2 febbraio 2022, ossia:
- entro l’8 febbraio 2021, per le spese sostenute nell’anno 2020;
- entro il 30 settembre 2021, per le spese sostenute nel primo semestre dell’anno 2021;
- entro l’8 febbraio 2022, per le spese sostenute nel secondo semestre dell’anno 2021;
- entro il 30 settembre 2022, per le spese sostenute nel primo semestre dell’anno 2022;
- entro il 31 gennaio 2023, per le spese sostenute nel secondo semestre dell’anno 2022;
- entro la fine del mese successivo alla data del documento fiscale, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2023.
Violazione degli obblighi – Il D. Lgs. n. 175/2014, prevede al comma 5-bis dell’articolo 3 il regime sanzionatorio applicabile in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati. In tali casi, infatti, è disposta una sanzione di 100 euro per ogni comunicazione con un massimo di 50.000 euro. Tuttavia, nella fattispecie di errata comunicazione dei dati, la sanzione non trova applicazione se la trasmissione delle informazioni corrette è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, entro i cinque successivi alla segnalazione stessa. La sanzione è, invece, ridotta a un terzo con un massimo di 20.000 euro, se la comunicazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dalla scadenza prevista.
Dubbi interpretativi della norma sono emersi ai fini della corretta interpretazione del termine “comunicazione”. Sul punto, l’Amministrazione finanziaria, con la Risoluzione n. 22/E pubblicata ieri, ha fornito chiarimenti non molto favorevoli, ritenendo che, il concetto di “comunicazione” contenuto nella norma sanzionatoria si riferisca ad ogni singolo documento di spesa errato, omesso, o tardivamente inviato al Sistema tessera sanitaria, a nulla rilevando il mezzo di trasmissione (uno o plurimi file), o il numero dei soggetti cui i documenti si riferiscono. Pertanto, la sanzione di 100 euro si applica per ogni singolo documento di spesa, senza possibilità, per espressa previsione normativa, di applicare il cumulo giuridico sancito dall’articolo 12 del D.lgs. n. 472/1997.
L’interpretazione delle Entrate è correlata alla volontà del legislatore di valorizzare la “reazione sanzionatoria” nelle ipotesi di inadempimento dell’obbligo di comunicazione, perseguendo una “risposta punitiva adeguata e congrua”.
La sanzione rimane, comunque, definibile applicando l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 472/1997 e avvalendosi del codice tributo “8912”.
L’Agenzia precisa, infine, che se la comunicazione viene correttamente trasmessa entro sessanta giorni dalla scadenza prevista, la sanzione base su cui applicare le percentuali di riduzione disposte dal suindicato articolo 13, è data dalla sanzione ordinaria ridotta a un terzo con un massimo di 20.000 euro.