Viaggio nel passato. Il limite all’impugnabilità ci riporta alle origini

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Ma quale irretroattività? Le recenti modifiche all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 in tema di impugnabilità dell’estratto di ruolo, del ruolo e della cartella che si presume invalidamente notificata è una norma sostanziale, tutt’altro che interpretativa o procedurale. È, piuttosto, una disposizione con la quale iniziare a fare i conti, incardinandosi nell’alveo dell’articolo 19, comma 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992. Pur condannando lo strumento prescelto dal legislatore, che inevitabilmente comprime le garanzie del contribuente, è necessario indagare motivazioni e conseguenze di una norma che farà parlare di se.

L’introduzione del comma 4-bis all’articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, secondo il quale il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici per effetto delle verifiche di cui all’ articolo 48-bis del presente decreto o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione, risponde all’esigenza di fronteggiare l’ondata di ricorsi fotocopia, tanto di moda nel corso degli ultimi anni, che ha travolto la giustizia tributaria. Ricorsi che avevano in comune, appunto, l’estratto di ruolo.

E’ divenuta prassi, tanto da rappresentare una fetta consistente dell’attività giudiziaria delle nostre Commissioni Tributarie, quella di impugnare le cartelle di pagamento risultati dal riepilogo degli atti all’uopo richiesto all’agente della riscossione, con il dichiarato obiettivo di contestarne la regolare notifica. Escludendo i casi in cui, effettivamente, l’atto della riscossione non è stato portato alla legale conoscenza del contribuente, questa prassi si è talmente consolidata da alimentare, dal nulla, pseudo realtà professionali incentrate sulla strema difesa patrimoniale del contribuente aggredito, a loro detta ingiustamente, dall’agente delle riscossione.

Così strutturato il ricorso conferiva un vantaggio rilevante al contribuente ricorrente. La prova della notifica della cartella esattoriale, e della validità procedimento, è un onere a carico dell’agente della riscossione. Onere che, sotto il peso insostenibile dei ricorsi accumulati, a volte non è stato possibile adempiere secondo i termini imposti dall’articolo 32 del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 per la produzione documentale. Una trappola costruita sulle fragilità del sistema che, come accaduto, colpirà i contribuenti onesti, oggi definitivamente sottratti da un principio di garanzia, costituzionalmente orientato, faticosamente affermato dalla Corte di Cassazione.

Senza considerare gli effetti della novella legislativa, secondo l’orientamento adottato dalle Sezioni Unite (Cass. SU n. 19704 del 2015), confermato nelle pronunce successive di Sezione, il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale, a causa dell’ipotizzata invalidità della relativa notifica, sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione. A ciò, in particolare, non ostano le disposizioni dell’ articolo 19, comma 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, perché una lettura costituzionalmente orientata della disposizione impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato impugnabilità prevista da tale norma rappresenta una facoltà, ovvero non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza. Si tratta della possibilità di far valere l’invalidità della cartella a causa dei vizi di notifica, anche prima che l’atto successivo sia notificato, giacchè l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, “ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.

Ecco la chiave di lettura. Secondo le stesse condivisibili indicazioni delle Sezioni Unite, la comprensione della tutela giudiziale, se costituzionalmente sostenibile, può essere giustificata dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, quali possono essere quelli, apertamente dichiarati nella relazione tecnica al decreto, di alleggerire la pressione sulle strutture giudiziarie travolte da ricorsi spesso infondati. In questo la possibilità di ricorso ovvero il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata nei soli casi espressamente elencati dall’articolo 12, comma 4-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 integra quanto era già previsto dall’articolo 19, comma 3, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 secondo il quale la mancata notifica di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo. Non si tratta di un’assoluta novità.

Un principio, sufficientemente chiaro, che trovava nell’estratto di ruolo la sua eccezione, oggi sacrificata perché tale. In materia di riscossione delle imposte la regola è un’altra, quella che consente, in ogni caso, l’impugnazione cumulativa degli atti collegati da un rapporto di giuridica consequenzialità procedimentale.