Superbonus, quali procedura ai fini antiriciclaggio?

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Già oggetto dell’attenzione dell’Unità di Informazione Finanziaria nell’Informativa dello scorso 11 febbraio 2021 avente ad oggetto la “Prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria connessi all’emergenza da Covid-19”, l’attività prestata nell’ambito dell’opzione per la cessione del credito o per lo sconto sul corrispettivo di cui agli articoli 121 e 122 del DL n. 34 del 2020 ha chiari risvolti in materia di verifica antiriciclaggio. Dal Superbonus, e non solo, scaturisce infatti un fiume di risorse finanziarie che non può passare inosservato ai sensi del DLG n. 231 del 2007.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 7, del DLGS n. 231 del 2007 sono espressamente escluse dagli obblighi di adeguata verifica le attività di redazione e trasmissione, ovvero di sola trasmissione, delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali. In particolare, secondo le Linee Guida pubblicate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, la non osservanza degli obblighi di adeguata verifica si intende estesa ad ogni tipo di dichiarazione o denuncia fiscale (redditi, iva, successione, ecc), registrazioni di contratti, redazione/invio di deleghe F23 e F24, redazione/invio di fatture elettroniche per conto terzi ed adempimenti similari o connessi.

Nonostante il dettato normativo non è tuttavia possibile escludere tout court l’assistenza tributaria prestata nelle procedure di cessione del credito dall’alveo della normativa antiriciclaggio. Sempre secondo le predette Linee Guida per la valutazione del rischio, l’adeguata verifica della clientela, la conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni ai sensi del DLGS n. 231 del 2007, l’apposizione del visto di conformità su dichiarazione fiscali, benché qualificata quale prestazione a rischio inerente non significativo, impone una specifica regola di condotta ai fini dell’adeguata verifica.

Si colga, inoltre, che secondo l’articolo 16 del DLGS n. 231 del 2007 i soggetti obbligati devono comunque adottare misure proporzionate ed adeguate al rischio riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. A tal fine il destinatario della normativa deve valutare il rischio inerente all’attività esercitata, nonché la vulnerabilità per determinare il rischio residuo ed adottare, di conseguenza, le procedure per la gestione e la mitigazione del medesimo. In tale processo, secondo le stesse Linee Guida, l’apposizione del visto di conformità è classificato fra le attività a rischio inerente non significativo per la quale il professionista deve limitarsi ad acquisire copia del documento di identità del cliente per conservarlo nel fascicolo ad esso intestato.

Tale semplificazione, purtroppo, non è applicabile al caso del Superbonus. Le Linee Guida giustificano la non significatività dell’attività prestata avviandosi dal presupposto che la prestazione professionale concernente l’apposizione del visto di conformità non evidenzia alcun aspetto finanziario o economico-patrimoniale e non consente di valutare l’ambito operativo del committente in relazione alla tipologia di prestazione resa. Secondo le indicazioni fornite dal CNDCEC “in coerenza con le finalità della norma, dovendo l’adeguata verifica riguardare situazioni in cui il soggetto obbligato sia messo nelle condizioni di poter valutare gli aspetti giuridici, le scelte imprenditoriali, economiche, finanziarie e patrimoniali del cliente, tali prestazioni sono state classificate a rischio non significativo”. Dal rischio non significativo scaturirebbe un’adeguata verifica semplificata, ovvero limitata alla sola acquisizione e conservazione del documento di riconoscimento del cliente.

In senso opposto rispetto alle motivazioni espresse nelle Linee Guida, nel caso del Superbonus l’apposizione del visto di conformità rappresenta lo strumento mediante il quale viene disposto il trasferimento di risorse finanziarie dal beneficiario della detrazione al cessionario. Di fatto, un vero e proprio strumento di pagamento. Tanto è sufficiente affinché il professionista si discosti dalle regole di condotta elencate nelle Linee Guida per le attività a rischio non significativo, a favore dell’implementazione di misure di adeguata verifica ordinaria, se non rafforzata in presenza di un livello di rischio specifico maggiore.

Orbene, senza entrare nella valutazione del rischio specifico che risente del modus operandi del cliente, della zona e del settore di attività, l’apposizione del visto di conformità nel Superbonus è un’attività a rischio inerente abbastanza significativo. Da qui la necessità di prestare maggiore attenzione alle procedure di adeguata verifica, che vanno sicuramente oltre la mera identificazione del cliente. Lo stesso dicasi per l’assistenza, quale intermediario abilitato, nella trasmissione delle comunicazioni di cessione del credito previste dall’articolo 122 del DL n. 34 del 2020. Anche in assenza del visto di conformità, come avviene per le detrazioni ordinarie, l’intermediario, nell’esercizio della propria attività, è comunque chiamato a favorire, con il proprio operato tecnico, il trasferimento di risorse finanziarie.

Ne consegue come, in occasione dell’esercizio dell’opzione che comporti la movimentazione di detrazioni di importo pari o superiore a 15.000 euro, il soggetto destinatario della normativa antiriciclaggio è chiamato, in ragione dei criteri fissati all’articolo 17, comma 3, del DLGS n. 231 del 2007, ad adempiere agli obblighi di adeguata verifica mediante l’identificazione del cliente e dell’eventuale titolare effettivo, nonché l’acquisizione e la valutazione delle informazioni sullo scopo e sulla natura della prestazione professionali, anche attinenti alla situazione economico-patrimoniale del cliente.