Il criterio di imputazione temporale delle componenti positive di reddito interessate dallo sconto sul corrispettivo è un tema parzialmente inesplorato. Ai fini prettamente contabili e tributari, se si escludono gli operatori economici che applicano il criterio di competenza economica ai fini della determinazione dell’imponibile, vuoi per derivazione rafforzata vuoi perché seguono le regole dell’articolo 109 del TUIR, numerosi dubbi attanagliano i soggetti ai quali si applica l’opposto criterio di cassa. In particolare modo gli eserciti arti e professioni sono al bivio di una inevitabile scelta.
E’ necessario fare un passo indietro. L’articolo 121, comma 3, secondo periodo, del Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 prevede che il credito d’imposta trasferito per il tramite dello sconto sul corrispettivo è usufruito dal fornitore/cessionario, previa accettazione, con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione spettante al soggetto beneficiario. In alternativa all’utilizzo diretto, a decorrere dal giorno 10 del mese successivo alla corretta ricezione della Comunicazione, il fornitore/cessionario può cedere il credito d’imposta ad altri soggetti, sempre mantenendo la ripartizione in quote annuale di cui il credito si compone.
Questo significa che a fronte di uno sconto sul corrispettivo su una spesa rilevante ai fini del Superbonus sostenuta nell’esercizio finanziario 2021, la cui detrazione corrisponde a complessivi 100.000 euro, si formeranno n. 5 quote annuali di pari importo, di 20.000 euro ciascuna, riferite rispettivamente agli anni 2022, 2023, 2024, 2025 e 2026 ovvero gli esercizi finanziari in cui la singola quota di detrazione si sarebbe manifestata. In luogo del versamento in denaro il professionista riceverà un pacchetto composto da 5 crediti, uno per ciascun anno del quinquennio.
Il meccanismo alla base dell’opzione dello sconto sul corrispettivo in luogo delle detrazioni fiscali determina un incasso virtuale del credito vantato nei confronti del committente. Il credito d’imposta ricevuto, pur entrando nella disponibilità patrimoniale del cessionario, non è immediatamente utilizzabile, se non provvedendo alla successiva cessione nei confronti di altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari. Tale operazione di monetizzazione, che rompe lo schema della compensazione e consente per all’originario cessionario l’incasso delle somme vantate nei confronti dell’erario, comporta tuttavia una decurtazione dell’importo vantato a causa degli oneri bancari dovuti sulla cessione anticipata.
Orbene, individuare il momento in cui il corrispettivo oggetto di sconto sul corrispettivo può considerarsi percepito è un aspetto centrale per gli esercenti arti e professioni. Per i lavoratori autonomi il reddito derivante dall’esercizio dell’attività è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nello stesso esercizio. I compensi, senza alcuna eccezione, devono essere determinati secondo un criterio di cassa puro.
In passato sono sorti problemi in merito al corretto inquadramento in tutti i casi in cui il contante è stato sostituito da strumenti diversi di pagamento. Questo è il caso del compenso percepito tramite assegno bancario o circolare i quali debbono considerarsi riscossi al momento della loro ricezione materiale (Risoluzione n. 138/E del 2009, Circolare n. 38/E del 2010), senza che assuma alcuna rilevanza la circostanza che il versamento sul conto corrente del prenditore intervenga in un momento successivo, anche nell’esercizio d’imposta seguente.
Soluzione diversa per il pagamento tramite cambiale. L’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto dover distinguere il caso in cui, ai sensi dell’articolo 1260 del codice civile, il titolo sia intrasferibile dalla diversa ipotesi in cui sia cedibile a terzi (Risoluzione 352856/1983, Risoluzione 330541/1981). Nel primo caso la soluzione prospettata è stata quella di dare rilevanza alla scadenza del titolo. Nel secondo caso, invece, l’incasso è stato considerato fiscalmente rilevante sin dal momento della cessione o dello sconto del titolo che anticipa il buon fine dell’incasso.
Come trattare, invece, il caso in commento? E’ indubbio come il sistema di utilizzo frazionato del credito ricevuto dal professionista che abbia applicato lo sconto in fattura determini una situazione molto simile a quella dell’incasso del compenso tramite un titolo cambiario cedibile.
Seguendo tale soluzione il lavoratore autonomo che decida di non cedere il credito dovrà dichiarare l’incasso in maniera frazionata, secondo le quote annuali di credito utilizzabile. In caso di monetizzazione, invece, esso dovrà dichiarare nell’esercizio finanziario in cui avviene la cessione all’istituto bancario.
Una soluzione dirompente che tuttavia segue gli stessi principi espressi dall’Amministrazione Finanziaria per il caso delle cambiali. Salvo ammettere che lo sconto in fattura costituisca una fattispecie di incasso in natura del compenso, la cui rilevanza tributaria emergerebbe immediatamente, non si ravvedono altre soluzioni davvero sostenibili. Una soluzione, sulla quale nessuno si è ancora pronunciato, che consentirebbe di allineare la reale manifestazione finanziaria con il conseguente trattamento tributario. Una soluzione sulla quale iniziare a ragionare per evitare il versamento anticipato delle imposte sugli onorari fatturati nel 2021, ma disponibili solo nel quinquennio successivo.