Rivalutazione dei beni con effetti diversi nel bilancio 2021

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

I soggetti che si sono avvalsi dell’operazione di rivalutazione dei beni d’impresa, devono prestare attenzione in sede di redazione del bilancio 2021, poiché detta operazione può avere effetti differenti nel momento in cui sia stata eseguita solo sotto il profilo civilistico ovvero anche fiscale.

Brevemente, si ricorda che il citato articolo 110 del D.L 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, prevede, a favore delle società di capitali e degli enti commerciali che non adottano i principi contabili internazionali, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, può essere effettuata distintamente per ciascun bene e deve essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa. Pertanto non sussiste l’obbligo di rivalutare la categoria omogenea (es. tutti gli impianti, tutti gli immobili, ecc.).

Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, la rivalutazione doveva essere effettuata nel bilancio 2020.

Va evidenziato che, il prefato articolo 110 richiama l’articolo 15 della legge, n. 342/2000, con la conseguenza che rientrano tra i soggetti che possono rivalutare anche gli imprenditori individuali e le società di persone sia in contabilità semplificata che ordinaria, gli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonché alle società e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Il comma 3 del richiamato articolo 110, prevede che il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento.

L’imposta sostitutiva è indeducibile, potendo essere imputata in tutto o in parte alle riserve iscritte in bilancio o al rendiconto.

Il successivo comma 4, dispone che il maggior valore attribuito ai beni ed alle partecipazioni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili. In pratica, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione, si considera riconosciuto a partire dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ossia, per i soggetti “solari”, dal 2021.

Si fa notare che la disposizione non obbliga i soggetti interessati di eseguire anche la rivalutazione “fiscale”, ma pone una scelta, ossia, per avere il riconoscimento fiscale del maggior valore dei beni rivalutati, è necessario il versamento della suddetta imposta sostitutiva. In mancanza la rivalutazione ha solo valore civilistico.

Il documento dell’OIC – Ed allora sembra opportuno riassumere il contenuto del documento interpretativo 7 del marzo del 2021, attinente agli aspetti contabili della rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni.

Nel bilancio in cui è eseguita la rivalutazione, gli ammortamenti sono calcolati sui valori non rivalutati, in quanto la rivalutazione è ritenuta un’operazione successiva e pertanto l’ammortamento di tali maggiori valori è effettuato a partire dall’esercizio successivo alla loro iscrizione.
Come sopra rilevato, la rivalutazione prevista dal decreto “Agosto”, può essere effettuata con riconoscimento solo civilistico o civilistico e fiscale. Il documento, pertanto, prende in considerazione i due casi, precisando quanto segue.

Rivalutazione riconosciuta fiscalmente – Per avere il riconoscimento fiscale dell’operazione, la società deve dunque versare l’imposta sostitutiva del 3 per cento, che è portata a riduzione della voce di patrimonio netto cui sono state imputate le rivalutazioni eseguite.

I maggiori valori iscritti nell’attivo sono riconosciuti anche ai fini fiscali e quindi, alla data in cui è effettuata la rivalutazione (2020), non sorge alcuna differenza temporanea, essendo il valore contabile pari al valore fiscale. Infatti la rivalutazione è effettuata dopo gli ammortamenti.

Giova sottolineare che la società non iscrive imposte differite nel bilancio in cui è eseguita la rivalutazione, vale a dire nel 2020.

Nei bilanci successivi, la società rileva la fiscalità differita ai sensi dell’OIC 25, allorché si generano differenze temporanee, per esempio, nel caso in cui la vita utile stimata determini l’imputazione di una quota di ammortamento in bilancio eccedente la quota fiscalmente deducibile nell’esercizio di riferimento in base alle norme fiscali applicabili.

Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato ai fini fiscali, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva, che, come suddetto, è pari al 10 per cento.

Nel caso in cui la riserva non sia affrancata, tale riserva sarà soggetta a tassazione solo in caso di distribuzione della riserva stessa ai soci (c.d. riserva in sospensione di imposta). In tal caso si applicano i paragrafi 64 e 65 dell’OIC 25.

Rivalutazione solo civilistica – Nel caso in cui l’operazione venga eseguita solo sotto il profilo civilistico, la rivalutazione determina l’insorgenza di una differenza temporanea tra il valore contabile delle attività rivalutate e il loro valore ai fini fiscali. Pertanto, alla data della rivalutazione, la società iscrive le imposte differite, IRES e IRAP, direttamente a riduzione della riserva iscritta nel patrimonio netto.

Negli esercizi successivi, le imposte differite (OIC 25), sono riversate a conto economico in misura corrispondente al realizzo del maggior valore attraverso:

  • ammortamento;
  • cessione del bene;
  • successiva riduzione per perdita di valore.

Da ultimo, sembra opportuno ricordare che il riconoscimento fiscale della rivalutazione comporta che, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione sia eseguita, le quote di ammortamento, anche finanziario, dei beni rivalutati e le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, di cui all’articolo 102, comma 6, del TUIR, nel limite del 5 per cento, sono commisurate al nuovo valore dei beni.