“Il visto di conformità sia detraibile”. Con queste parole il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili apre il proprio comunicato stampa dedicato all’audizione parlamentare avente ad oggetto gli emendamenti al disegno di Legge della prossima manovra finanziaria. Un’affermazione resasi necessaria per colmare il vuoto normativo dopo le modifiche conseguenti all’entrata in vigore dal Decreto Anti-frodi.
Nel mentre si estendeva il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta per gli interventi elencati all’articolo 121, comma 2, del Decreto Legge n. 34 del 2020, il Legislatore dimenticava di disciplinare in maniera sufficientemente dettagliata almeno due aspetti rilevanti: il primo attinente al periodo di vigenza delle nuove disposizioni, il secondo relativo alla detraibilità a favore del contribuente delle spese sostenute per l’ottenimento dell’asseverazione della congruità dei prezzi e l’apposizione del visto di conformità.
Sotto il primo profilo ogni considerazione rischia di rivelarsi inutile. La disposizione, omettendo un regime transitorio, colpisce tutte le comunicazioni inviate dal 12 novembre 2021, in maniera assolutamente indiscriminata. Non conta il momento di sostenimento della spesa, nè la sua esecuzione. Come desumibile dal nuovo modello di comunicazione disponibile con la riapertura del canale telematico, il visto di conformità non è più un’eventualità da esercitare nelle ipotesi in cui esso era obbligatorio, ma costituisce la regola. Non a caso il campo dedicato viene compilato automaticamente con il codice fiscale dell’intermediario incaricato all’invio dell’opzione.
In merito alla detraibilità, l’interpretazione letterale della novella legislativa potrebbe deludere le aspettative dei contribuenti. A differenza di quanto accaduto per il Superbonus, per il quale la detraibilità delle spese sostenute per il rilascio delle attestazioni e delle asseverazioni di cui ai commi 3 e 13 e del visto di conformità di cui al comma 11 è espressamente prevista dal successivo comma 15 del medesimo articolo 119 del DL n. 34 del 2020, nel caso di specie, per la cessione di tutte le detrazioni “ordinarie”, il Legislatore introduce l’obbligo altrove, all’articolo 121, comma 1-ter, dimenticandosi di regolamentarne il trattamento tributario. Da qui i dubbi, inconcepibili in uno Stato che, almeno nelle sue proposte di riforma, mira all’ideale certezza del diritto.
Ovviamente l’attività dell’interprete non può limitarsi qui. Benché la tecnica legislativa utilizzata lasci ampiamente a desiderare, per logica e diritto, non vi è motivo di escludere la detraibilità delle spese sostenute per l’asseverazione della congruità dei prezzi e l’apposizione del visto di conformità. Rappresentando due presupposti indefettibili e funzionali alla trasferibilità del credito, essi costituiscono oneri strettamente collegati alla realizzazione dell’intervento e, comunque, prestazioni professionali connesse e del tutto similari a quelle ampiamente riconosciute dall’Amministrazione Finanziaria, quali l’effettuazione di perizie e sopralluoghi, il rilascio dell’attestato di prestazione energetica, le spese per la direzione lavori e il coordinamento per la sicurezza. Sotto tale profilo, infatti, l’Agenzia delle Entrate, nel suo ruolo ingombrante di ausiliario del Legislatore, ha più volte affermato che la detrazione spetta anche per talune spese sostenute in relazione agli interventi che beneficiano del Superbonus, a condizione, tuttavia, che l’intervento a cui si riferiscono sia effettivamente realizzato.