Decadenza a geometria variabile

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

C’era una volta l’articolo 19 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, l’unica norma avente ad oggetto la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo e le relative cause di decadenza. Poi è subentrata la pandemia e, con essa, il caos.

Ad origine la decadenza dei piani di versamento era prevista in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di due rate, anche non consecutive. Il limite, davvero stringente, è stato dapprima esteso ad otto rate non consecutive (articolo 1 del Decreto-Legge del 02/03/2012, n. 16), poi ridotto a cinque (articolo 10 del Decreto Legislativo del 24/09/2015 n. 159). Ogni intervento legislativo modificava l’articolo 19, adattando il suo contenuto al particolare momento storico.

Non è stato così per le modifiche introdotte a causa del Covid-19. In ordine sparso, come tutte le variazioni imposte dalla pandemia, il Legislatore ha introdotto diverse norme transitorie che disegnano uno scenario composto da termini variegati. L’articolo 68, comma 2-ter, del Decreto-Legge del 17/03/2020 n. 18, relativamente ai piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 dicembre 2020, la decadenza disciplinata dall’articolo 19, comma 3, lettere a), b) e c), del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si determina in caso di mancato pagamento, nel periodo di rateazione, di dieci rate, anche non consecutive. Termine esteso dall’articolo 13 decies del Decreto-Legge del 28/10/2020 n. 137 ai provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste di rateazione presentate a decorrere dal 30 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021.

A completare le disposizioni derogatorie rispetto ai termini di decadenza dell’articolo 19 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 è intervenuto, da ultimo, l’articolo 3 del Decreto-Legge 21 ottobre 2021, n. 146 secondo il quale, con l’ennesima modifica all’articolo 68, comma 2-ter, del Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18, relativamente ai piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 gli effetti della decadenza si determinano in caso di mancato pagamento, nel periodo di rateazione, di diciotto rate, anche non consecutive. Solo i debitori incorsi in decadenza da piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 sono automaticamente riammessi ed il termine di pagamento delle rate sospese è fissato, nuovamente in deroga alle disposizioni dell’articolo 68, comma 1, del Decreto-Legge del 17/03/2020 n. 18, al 31 ottobre 2021.

Quello che si apre agli occhi del contribuente è uno scenario apocalittico. Solo fra qualche mese ci troveremo nella condizione in cui convivranno tre distinte tipologie di piani di versamento, i cui termini di decadenza saranno differenziati in ragione dell’emissione del relativo provvedimento. I piani di rateazione in essere all’8 marzo 2020 decadranno con il mancato pagamento di diciotto rate, anche non consecutive; quelli relativi ai provvedimenti di accoglimento emessi dopo l’8 marzo 2020, ma con riferimento alle richieste presentate fino al 31 dicembre 2021, decadranno con il mancato di dieci rate, anche non consecutive; i piani di versamento relativi ad istanze presentate dal 1° gennaio 2022, salvo modifiche che verranno, decadranno secondo le disposizioni ordinarie, con il mancato pagamento di 5 rate, anche non consecutive.

Dall’esame delle disposizioni predomina la sensazione che molto sia stato lasciato al caso. In effetti non si comprende il senso di agevolare, in extremis, i piani di versamento in essere all’8 marzo 2020, dimenticandosi tutti coloro che, a quella data, avevano presentato via PEC un’istanza di rateazione ed erano ancora in attesa di una risposta da parte dell’agente della riscossione. Di pari non si spiega la decisione si riammettere ai piani di versamento solo i contribuenti con piani attivi all’inizio della pandemia, ed escludere irragionevolmente coloro i quali hanno deciso in costanza di sospensione, in maniera troppo diligente, forse ingenua, di presentare un’istanza di rateazione. Quella scelta affrettata, infatti, li inchioda a termini di decadenza più stringenti, ovvero il mancato pagamento di dieci rate in luogo di diciotto, ed all’inevitabile decadenza nel caso il cui, al 30 settembre 2021, non abbiano recuperato le condizioni di sostenibilità dei relativi piani di versamento mantenendo, al massimo, nove rate non versate.

Una verifica inutilmente complessa che si sarebbe potuta evitare equiparando le ipotesi che, tanto diverse, non sono.