Da luglio 2022 e-fattura sopra i 25mila euro, fino al prossimo cambiamento di idea

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

C’è un non so che di familiare, e sgradevole, nel rivivere situazioni che avevamo imputato all’emergenza sanitaria e che, invece, dobbiamo constatare essere diventate la quotidianità. Ci riferiamo alla ridda di annunci, smentite e rettifiche cui si deve regolarmente assistere, senza trovare conforto nella certezza della norma. In questo caso, ad essere sotto i riflettori è l’introduzione, operata con il cd. decreto PNRR, dell’obbligo di fatturazione veramente diffuso, ovvero a carico di tutti i contribuenti. Sicuramente il novero dei contribuenti attratti nell’obbligo cambierà, ma tale obbligo continuerà a non valere per tutti.

Infatti, se l’intenzione dell’esecutivo (o di parte dell’esecutivo) era quella di cancellare dall’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 127, a partire dal 1° luglio 2022, tutti i casi di esonero ora previsti, pare invece che nel corso del Consiglio dei ministri di mercoledì scorso – che si sarebbe rivelato, per l’ennesima volta, alquanto acceso – si sia optato per la cancellazione degli esoneri, ma solo a partire dalla soglia dei 25mila euro in su.

Cercando di mettere insieme le voci di corridoio (visto che alla stesura del presente contributo il decreto non è ancora presente in Gazzetta, forse sarà pubblicato nella serata di venerdì), con quanto emergeva dalla bozza, ci ritroveremo – parrebbe – con la cancellazione dell’esonero che era previsto per i contribuenti rientranti nelle seguenti casistiche:

  • Contribuenti in “regime di vantaggio” di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111
  • Contribuenti in regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190
  • Contribuenti che hanno optato per la Legge 398, articoli 1 e 2, del 16 dicembre 1991, e che nel periodo d’imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000. Cancellata anche la previsione che i soggetti in regime Legge 398, che hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo superiore a euro 65.000, debbano assicurarsi che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo d’imposta.

Tuttavia, tale cancellazione, pare, avrà efficacia solo sopra soglia 25mila euro.

Innanzitutto, non resta che augurarsi in una formulazione più che precisa della norma: conterà il fatturato, oppure conterà l’ammontare dei ricavi o compensi? Presumibilmente sarà il secondo riferimento a dover essere preso in considerazione, e non è una differenza da poco, posto che se a rilevare saranno i ricavi o compensi allora entreranno in gioco le regole di determinazione di tali variabili, e quindi, per ex minimi e forfettari, il criterio di cassa.

Altra problematica da chiarire è quella connessa alla cancellazione della previsione che i soggetti che hanno optato per la 398 “debbano assicurarsi che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario committente”; questa asserzione, che non ha nulla a che fare con la soglia dei 25mila euro, visto che in questo caso già si parla di soggetti che hanno conseguito proventi per un importo superiore a 65mila euro nell’ambito delle attività commerciali accessorie, andrà comunque ad impattare sul mondo associativo, che, quando chiamato ad emettere e-fattura, non potrà far altro che provvedere in proprio.

Vi è poi la questione della decorrenza dell’obbligo di e-fattura: al superamento della soglia, scatterà subito, anche in corso d’anno (speriamo di no!), oppure dall’anno successivo?

E ancora, per quanto riguarda il 1° luglio 2022, dovremo andare a verificare l’ammontare della soglia (una volta avuto chiara la determinazione della stessa) e preoccuparci quindi di avviare immediatamente i soggetti interessati al nuovo obbligo, o è possibile sperare che vi sia un sussulto di consapevolezza della marea di adempimenti cui gli studi professionali sono chiamati in questo periodo, e quindi è del tutto inopportuno immaginare di operare una tale rivoluzione da luglio, a metà anno, invece che a gennaio 2023, e ciò indipendentemente dalla soglia dei 25mila euro?

Affermiamolo con forza e senza timore: stravolgere l’impianto di fatturazione per migliaia di soggetti a metà anno è una cosa che grida vendetta, e che non ha alcun senso, tanto più quanto si sente affermare che si tratta di una misura tesa a combattere l’evasione IVA… Forse non è chiaro che i contribuenti in regime forfettario ed i contribuenti in regime dei minimi non sono soggetti ad IVA?

Anche dal punto di vista degli obblighi di conservazione ci si troverebbe dinnanzi ad un quadro avente ben poco senso: metà anno in analogico, e l’altra metà in digitale, con tanto di obblighi di conservazione elettronica, posto che la e-fattura è un documento digitale nativo. Infatti, uno degli aspetti da tenere bene in mente, è che sarà necessario conservare le fatture elettroniche a norma CAD, e quindi potrebbe essere più che opportuno affrettarsi a sottoscrivere l’accordo di conservazione con l’Agenzia delle Entrate.

A cambiare sarà anche la gestione dell’imposta di bollo, da assolvimento mediante contrassegno, ad assolvimento virtuale, con connessa necessità di procedere al versamento trimestrale.

Conservazione e bollo sono, peraltro, aspetti la cui gestione richiede l’accesso all’area riservata dell’Agenzia delle Entrate; di conseguenza, un altro aspetto del quale preoccuparsi – forse il primo in assoluto – è se il contribuente possa accedere a tale area riservata, ovvero sia dotato di almeno una delle credenziali necessarie (SPID, carta CNS, CIE oppure codici Fisconline, se ottenuti prima del blocco del rilascio degli stessi).

Insomma, sono tante le problematiche da mettere in conto, in un quadro che risulta paradossale se si riflette in ordine alla soglia attualmente stabilita: 25mila euro. È infatti necessario ricordare a chi le norme predispone (evidentemente in assenza di un quadro preciso delle norme pregresse sulle quali si vogliono innestare le modifiche) che per i contribuenti in regime di vantaggio è prevista la soglia di ricavi e compensi di 30mila euro per il mantenimento del regime stesso (ovviamente nel rispetto, anche, di tutte le altre caratteristiche previste). Davvero vogliamo pensare che un “ex minimo” si ritrovi fino a 25mila euro a poter operare in un determinato modo, e tra 25mila e 30 mila euro in un altro, salvo poi essere estromesso dal regime a 30mila ed 1 euro? Francamente, appare assurdo.

Non resta che approfondire il contenuto delle decisioni che verranno assunte in via definitiva, e con ciò non ci si riferisce alla pubblicazione del decreto, bensì a quello che sarà il testo di tale decreto post conversione, visto che appare ormai assodato che qualcosa potrebbe ancora cambiare.

Qualcosa, almeno, anche se ci si augura che cambi molto, perché così come immaginato, proprio non ci siamo. Quanto meno, si valuti il minimo sindacale, ovvero di far slittare la decorrenza dell’obbligo al 2023 e si fissi la soglia a 30 mila, in modo tale da fornire un unico riferimento ai soggetti che ancora riescono a mantenere il regime di vantaggio.