Ace innovativa senza via di uscita

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

L’agevolazione di cui all’articolo 19 del Decreto Legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla L. 23 luglio 2021, n. 106, è soggetta a specifiche condizioni e cause di decadenza. Beneficiare dell’aliquota maggiorata al 15 per cento per la determinazione del rendimento nozionale del capitale proprio deducibile dal reddito complessivo netto delle società e ed enti commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, nonché delle persone fisiche e delle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria, rappresenta una scelta articolata e presuppone una vera e propria pianificazione patrimoniale dell’imminente futuro.

Le cause di decadenza si distinguono a seconda della sua eventuale trasformazione. La fruizione del beneficio, infatti, può avvenire sia sotto forma di credito d’imposta che, alternativamente, direttamente in dichiarazione dei redditi quale elemento in deduzione dalla base imponibile.
Nel caso di utilizzo sotto forma di credito d’imposta, qualora la differenza tra la variazione in aumento del capitale proprio riferita al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e quella riferita al periodo d’imposta precedente risulti inferiore agli incrementi considerati per il calcolo del credito d’imposta di cui all’articolo 19, comma 3, del DL n. 73 del 2021, il credito d’imposta eventualmente compensato in eccedenza deve essere restituito in proporzione a tale minore importo.

Esemplificando, nel caso di una società a responsabilità limitata, quindi soggetta a IRES, qualora il credito d’imposta sia stato determinato considerando variazioni positive del capitale proprio pari a 100.000 euro, ad esempio a seguito dell’aumento del capitale sociale, ridotto di 50.000 euro successivamente al suo riconoscimento, il credito d’imposta inizialmente autorizzato per la compensazione, pari a 3.600 euro (100.000×15%x24%), se nel frattempo utilizzato, dovrà essere restituito per complessivi 1.800 euro, ovvero per la quota corrispondente agevolazione non più spettante a seguito della successiva riduzione del capitale proprio.

Lo stesso accadrà anche qualora nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 la variazione in aumento del capitale proprio dovesse risultare inferiore rispetto a quella del periodo precedente. Anche in questo caso il credito d’imposta dovrà essere restituito in proporzione a tale minore importo. In altri termini, per il soggetto con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, se al 31 dicembre 2022 la somma algebrica delle variazioni del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, dovesse risultare inferiore allo stesso valore calcolato al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta già utilizzato in compensazione dovrà essere restituito in proporzione alla riduzione verificatosi.

Tornando al nostro esempio se al 31 dicembre 2021 le variazioni positive del patrimonio netto dovessero corrispondere a 450.000 euro, di cui 50.000 per Ace Innovativa, e tale valore dovesse scendere al 31 dicembre 2022 a 420.000 euro, il contribuente dovrà restituire il credito d’imposta limitatamente alla riduzione verificatasi, pari a 1.080 euro (30.000*15%*24%).

Qualora, infine, nel secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021, ovvero al 31 dicembre 2023 per i soggetti solari, la variazione in aumento del capitale proprio aggregata rispetto al 31 dicembre 2010 risulti inferiore rispetto a quella del periodo in corso al 31 dicembre 2021, il credito d’imposta dovrà essere restituito in proporzione alla differenza tra la variazione in aumento del capitale proprio riferita al 31 dicembre 2023 rispetto a quella riferita al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021, al netto dell’eventuale credito d’imposta restituito nel periodo d’imposta precedente.

Tornando al nostro esempio se al 31 dicembre 2023 la variazione in aumento del capitale proprio dovesse ridursi ulteriormente a 380.000 euro, il contribuente dovrà restituire il restante credito d’imposta, pari a 720 euro, a causa dell’azzeramento della variazione positiva che ha concorso inizialmente alla formazione dell’Ace Innovativa.

Alternativamente, nel caso in cui il contribuente decida di dedurre l’Ace Innovativa direttamente in dichiarazione, secondo la medesima logica appena illustrata, qualora la variazione in aumento del capitale proprio al 31 dicembre 2022 risulti inferiore rispetto a quella esistente alla chiusura del periodo d’imposta precedente, specularmente, il reddito complessivo dovrà essere aumentato di un ammontare pari alla deduzione non più spettante in ragione della riduzione. Lo stesso accadrà per l’eventuale ulteriore riduzione verificatasi al 31 dicembre 2023.

Decidere di usufruire dell’Ace Innovativa, pertanto, non è una scelta da prendere a cuor leggero. Tralasciando l’imponderabile, tale opportunità presuppone la definizione di una politica di distribuzione dei dividendi compatibile con le condizioni imposte dalle cause di decadenza descritte. Vincoli che, in determinati contesti, potrebbero costare caro. Sul punto si consideri che con la chiusura dell’esercizio 2022 si chiude, altresì, il regime transitorio di cui all’articolo 1, comma 1006, legge 27 dicembre 2017, n. 205 introdotto per gli utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, la cui deliberazione avvenga dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2022. Se è vero che per la mera delibera di distribuzione è sufficiente per godere del regime transitorio, la sua formalizzazione comporta un automatico decremento della base Ace, già a partire dall’inizio del periodo d’imposta in cui la delibera viene assunta, ovvero a prescindere dalla data in cui interviene la materiale erogazione del dividendo (Circolare 12/E del 2014). Questo rende, in altri termini, Ace Innovativa e regime transitorio per i dividendi potenzialmente inconciliabili, aspetto al quale bisognerà prestare particolare attenzione.