La gestione fiscale e previdenziale dei collaboratori familiari varia a seconda della forma giuridica assunta dall’azienda individuale a favore della quale esercitano la propria attività lavorativa. Solo in caso di azienda coniugale non gestita in forma societaria e impresa familiare costituita ai sensi dell’articolo 230-bis del Codice civile il reddito a loro attribuito assume rilevanza sia dal punto di vista tributario che previdenziale. Negli altri casi, ovvero con riferimento alle aziende non costituite in imprese familiari e diverse da quelle coniugali istituite ai sensi dell’articolo 177 del Codice civile, l’attribuzione del reddito da parte titolare, comunque non superiore al 49 per cento del reddito dichiarato, rileva ai soli fini previdenziali.
Ai sensi dell’articolo 5, comma 4, del TUIR i redditi delle imprese familiari costituite formalmente in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, limitatamente al 49 per cento del reddito del titolare come risultante dalla sua dichiarazione dei redditi, possono essere imputati a ciascun collaboratore familiare che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività a favore dell’impresa. In particolare le possibilità di frazionamento del reddito sono condizionate: all’individuazione nominativa nell’atto costitutivo dei familiari partecipanti, con indicazione del rapporto di parentela o affinità; alla preesistenza dell’atto costitutivo rispetto all’inizio del periodo d’imposta in cui troverà applicazione; all’indicazione nella dichiarazione dei redditi del titolare delle quote di partecipazione spettanti ai familiari, con attestazione che le stesse sono effettivamente proporzionate alla qualità e quantità del lavoro prestato; che ciascun familiare, di conseguenza, attesti nella propria dichiarazione dei redditi di aver prestato l’attività lavorativa in favore dell’impresa familiare.
Meccanismo simile per l’impresa coniugale, ovvero l’impresa individuale costituita dopo il matrimonio ove i coniugi provvedano congiuntamente all’esercizio dell’impresa, cosiddetta cogestione (articolo 177, comma 1, lettera d) del Codice civile). A differenza dell’impresa familiare, l’impresa coniugale consente l’attribuzione al coniuge collaboratore del 50 per cento del reddito del titolare (una percentuale fissa e non variabile), come risultante dalla sua dichiarazione dei redditi, e non deve essere costituita in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata. L’atto pubblico è necessario solo in caso di diversa determinazione dei criteri di ripartizione degli utili conseguente all’assunzione di specifiche convenzioni matrimoniali. Presupposto per la ripartizione del reddito, logicamente, è l’adozione del regime patrimoniale della comunione fra i coniugi.
Ai fini di cui trattasi non vi sono differenze fra impresa familiare e azienda coniugale. Il reddito imputato al collaboratore familiare, nel primo caso, o al coniuge collaboratore, nel secondo caso, assume rilevanza sia dal punto di vista tributario che previdenziale, riducendo rispettivamente il reddito complessivo ai fini Irpef e la base imponibile soggetta a contribuzione previdenziale.
Diversamente qualora l’imprenditore si avvalga di collaboratori familiari in aziende non costituite nelle predette forme, l’attribuzione del titolare non assume alcuna rilevanza dal punto di vista fiscale, mentre rileva sotto il profilo previdenziale. Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della Legge 233 del 1990, infatti, ai fini del versamento previdenziale il titolare, pur risultando l’unico intestatario del reddito dichiarato nella propria dichiarazione, deve indicare, ma ai soli fini previdenziali, la quota di reddito di pertinenza di ciascun coadiuvante o coadiutore.
In tal caso, similmente a quanto accade nella canonica impresa familiare ex articolo 230-bis del Codice civile, ma limitatamente al profilo previdenziale, il complesso delle quote imputate ai collaboratori non può superare, in ogni caso, il 49 per cento del reddito d’impresa. Tale ripartizione, in particolare, ha effetto ai fini della commisurazione del reddito per il diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali in favore dei lavoratori autonomi artigiani ed esercenti attività commerciali.