Qualche giorno or sono vi abbiamo dato conto dell’avvenuta pubblicazione del decreto direttoriale MISE emanato in attuazione dell’articolo 2 del decreto Sostegni-ter, DL 4/2022 (vedasi Niente click-day per il fondo perduto per i commercianti al dettaglio), relativo ai contributi a fondo perduto 2022 destinati al commercio al dettaglio. In tale sede è stato dato il giusto risalto ad un aspetto oggettivamente positivo, ovvero del fatto che non si tratterà di un click-day. Tutto bene, quindi? Francamente, proprio no.
In premessa ricordiamo che le domande potranno essere presentate esclusivamente in modalità telematica, ma non tramite l’Agenzia delle Entrate, bensì tramite una nuova piattaforma dedicata che sarà rilasciata da parte del Ministero dello Sviluppo Economico sul sito istituzionale www.mise.gov.it.
L’invio delle domande potrà essere effettuato a partire dalle ore 12:00 del 3 maggio 2022 e sino alle ore 12:00 del 24 maggio 2022, ma non avrà importanza alcuna se la trasmissione avverrà prima o dopo – purché entro tale lasso di tempo – posto che sarà solo alla chiusura della piattaforma che verranno verificate le domande ammissibili e si procederà a confrontare l’ammontare dei contributi virtualmente spettanti con lo stanziamento dedicato alla misura, pari a 200 milioni di euro, al fine di verificare se il contributo potrà essere riconosciuto in misura piena o dovrà essere proporzionalmente ridotto.
Ecco, quindi, un primo aspetto critico: ancora una volta ci si trova dinnanzi ad una misura che deve fare i conti con l’ammontare di spesa massima prevista. Detto in altri termini, da un lato, quello dell’amministrazione finanziaria, è tutto chiaro e preventivato; dall’altro lato, quello dei contribuenti, è tutto nebuloso – un vero e proprio salto nel buio – posto che nel momento in cui viene presentata la domanda non vi è alcuna certezza in ordine al contributo che sarà riconosciuto.
È certamente disincentivante immaginare di richiedere un sostegno in conseguenza dei danni subiti a causa della pandemia, e di fatto non avere idea dell’ammontare effettivo del sostegno stesso. La domanda classica che (giustamente) ogni contribuente pone al proprio consulente fiscale è: “Ma mi conviene?” – visto che, si spera, il consulente fiscale pretende la giusta retribuzione per il proprio lavoro – e chi lavora in uno studio professionale ben sa quanto sia frustrante dover rispondere con un laconico: “Purtroppo non ho la sfera di cristallo…”.
Ma tralasciamo questo aspetto, cui ormai siamo tristemente abituati (basti ricordare il bonus sanificazione o, più recentemente, il bonus acqua), e veniamo al punto, oggettivamente clamoroso, delle modalità di richiesta del contributo.
Intanto, come abbiamo visto, questa volta non si utilizzeranno i canali dell’Agenzia delle Entrate, bensì un’apposita procedura telematica che verrà messa a disposizione dal MISE. Francamente non si sentiva proprio il bisogno di doversi interfacciare con l’ennesima nuova piattaforma (peraltro sarebbe interessante sapere i costi di sviluppo di tutti questi nuovi canali, che in periodo di pandemia hanno avuto una proliferazione mai vista prima), ma anche in questo caso potremmo, come sempre, fare buon visto a cattivo gioco, visto che anche sotto questo punto di vista non si tratta di una novità. Infatti, già con i fondi dedicati al turismo i contribuenti hanno dovuto interfacciarsi con procedure dedicate, in quel caso presenti sul sito istituzionale del MIBACT.
Il punto è un altro, e per quanto il decreto MISE sia stato oggetto di approfondita lettura e rilettura, non riusciamo a farcene una ragione. L’articolo 3 del decreto direttoriale prevede infatti, testualmente: “L’accesso alla procedura informatica prevede l’identificazione e l’autenticazione tramite la Carta nazionale dei servizi di cui articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (cd. CNS) ed è riservato ai soggetti rappresentanti legali dell’impresa richiedente, come risultanti dal certificato camerale della medesima impresa. Il rappresentante legale dell’impresa, previo accesso alla procedura, può conferire ad altro soggetto delegato il potere di rappresentanza per la compilazione, la sottoscrizione digitale e la presentazione dell’istanza tramite la citata procedura informatica”.
Viene inoltre precisato, nel seguito, che è essenziale anche la disponibilità di una PEC, attiva, funzionante e regolarmente registrata al Registro Imprese.
Ebbene, nulla da obiettare in ordine alla PEC, la cui adozione e comunicazione alla CCIAA è obbligo ormai da anni, per quanto non sia così inusuale “scovare” contribuenti che ancora non si sono adeguati o per i quali la PEC presente in visura camerale non risulti più attiva; quand’anche questo fosse il caso, sarebbe comunque il contribuente ad essere in difetto, e dunque tenuto a porre rimedio.
Non possiamo tuttavia non chiederci, basiti, come sia possibile che il decreto preveda, apparentemente quale unica modalità di accesso alla piattaforma per l’inoltro delle domande, la disponibilità di una Carta CNS, strumento certamente diffuso nel caso di legali rappresentanti di società (quanto meno quelle di capitali), ma non così comune se ci si confronta con le società di persone o con le ditte individuali e, soprattutto, strumento la cui adozione non è assolutamente obbligatoria.
Il tutto suona ancora più paradossale alla luce del “martellamento” che ormai da anni viene fatto in ordine all’adozione dello SPID, strumento che in teoria dovrebbe costituire la chiave unica di accesso a tutti i servizi della pubblica amministrazione, e che non viene assolutamente menzionato nel decreto del Ministero dello Sviluppo Economico.
Ci auguriamo che si tratti esclusivamente di una svista cui verrà celermente posto rimedio, oppure (volendo essere generosi) che lo SPID non sia stato citato quale chiave di accesso all’inserimento delle domande finalizzate all’ottenimento del contributo a fondo perduto in quanto dato come strumento “sottinteso” perché, se così non fosse, si tratterebbe di una mancanza clamorosa.
In ogni caso, ci ritroviamo per l’ennesima volta dinnanzi ad una vera sinfonia di tecno-burocrazia.
Basta immaginare di dover spiegare ad un negozietto di vicinato l’accesso al contributo a fondo perduto: “Vede, caro cliente, lei avrebbe diritto al contributo in quanto … (e via di conteggi, medie, fatturati che non sono fatturati ma sono ricavi, cali e quant’altro). Basterà presentare una domanda al MISE, ma prima controlliamo che la visura camerale sia perfetta, che la PEC sia funzionante, e soprattutto, abbia pazienza, deve recuperare la carta CNS. Come dice? Costa? Eh sì, qualcosina costa, abbia pazienza… E no, se la PEC è scaduta, tocca rifarla ed anche pagare i diritti camerali per sistemare la visura… abbia pazienza. Ah, mi raccomando, non dimentichiamo di verificare le soglie di aiuti, che potrebbero essere da pubblicare sul sito internet della ditta. Come dice? Non ha un sito internet? Ok… Allora ci rivolgiamo all’associazione di categoria.
Come dice? Non è iscritto ad alcuna associazione di categoria e non intende iscriversi? Ok… a questo penseremo poi. Ah! Dimenticavo! Guardi che le cifre che abbiamo calcolato sono puramente indicative, potrebbero essere ridotte se non bastano i soldi. Di quanto? Eh… quanto sarebbe bello poterlo sapere d’anticipo!”.
Insomma… si può lavorare così?