Ineluttabile destino per i ricorsi avverso gli estratti di ruolo pendenti

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Desta grande preoccupazione quanto affermato in materia di impugnabilità dell’estratto di ruolo dall’Agenzia delle entrate nel corso del consueto incontro con la stampa specializzata dello scorso 27 gennaio.

Alla domanda circa l’operatività della nuova norma in materia di non impugnabilità degli estratti di ruolo rispetto agli estratti richiesti e/o impugnati prima dell’entrata in vigore della stessa l’agenzia risponde, in sostanza, ammettendo la retroattività della neo-introdotta disposizione normativa, circostanza che avrebbe quale inevitabile effetto quello di travolgere e condannare ad una declaratoria di inammissibilità, di fatto, i numerosi ricorsi già pendenti.

Uno scenario davvero preoccupante.

Si ricorda che l’art. 3 bis aggiunto in sede di conversione al DL 146/2021, convertito nella Legge n. 215/2021, ha introdotto un nuovo comma all’art. 12 del DPR n. 602/73 ovvero il comma 5 che sancisce la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e pone limiti molto stringenti all’impugnabilità del ruolo e della cartella di pagamento non correttamente notificata.

Il nuovo comma 5 del menzionato art. 12 (rubricato “Funzione e contenuto dei ruoli”) infatti espressamente dispone che:
“l’estratto di ruolo non è impugnabile;

La norma ha di fatto escluso la possibilità di impugnare il ruolo portato da una cartella di pagamento non correttamente notificata per la gran parte dei contribuenti.

Circa l’effettiva legittimità di tale norma ci siamo già pronunciati in seno all’articolo “Estratto di ruolo non impugnabile: i diritti del contribuente cedono il passo all’interesse erariale” pubblicato lo scorso 21 dicembre 2021.

Ma la situazione sembra essere ancora più difficile per i contribuenti con carichi iscritti a ruolo dei quali siano venuti a conoscenza solo per il tramite della richiesta di un estratto di ruolo in quanto nel citato incontro con la stampa specializzata l’agenzia delle entrate interpellata circa la sorte dei giudizi già incardinati e pendenti in materia di estratti di ruolo, alla luce della nuova disposizione normativa, così si esprime “già prima dell’entrata in vigore dell’art.3-bis del DL 146/2021 la Corte di Cassazione aveva ripetutamente escluso l’autonoma impugnabilità ex se dell’estratto di ruolo e l’accesso alla tutela giurisdizionale “anticipata” (mediante l’impugnazione del ruolo o della cartella, che si pretenderebbe conosciuto/a tramite l’estratto di ruolo consegnato da Agenzia delle entrate riscossione al debitore richiedente) senza attendere la notifica dell’atto riscossivo successivo, non sorretto da un interesse concreto ed attuale del contribuente a valersene.

Pertanto con la disposizione dettata dal predetto art. 3 bis del DL 146/2021 il legislatore si è posto nel solco già tracciato dalla giurisprudenza di Cassazione ed è intervenuto per ribadire la non impugnabilità dell’estratto di ruolo e prevedere le casistiche in cui l’interesse del debitore ad impugnare direttamente il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata senza attendere la notifica dell’atto successivo è ritenuto sussistere…”

Ebbene le parole dell’amministrazione finanziaria lasciano chiaramente intendere che la nuova norma avrà di fatto efficacia retroattiva trovando quindi inevitabile applicazione anche per i ricorsi già incardinati.

Una tale prospettiva, tuttavia, non può che rendere ancora più evidente la violazione dei diritti dei contribuenti che in tale ambito si sta perpetrando.

In primis perché, a ben vedere, l’orientamento espresso in tala ambito dagli Ermellini in realtà era ben diverso da quello paventato dall’agenzia delle entrate, come illustrato ampiamente nell’articolo pubblicato su questo quotidiano lo scorso 21 dicembre.

In secondo luogo, ex se perché si intende attribuire un’efficacia retroattiva ad una norma che tale efficacia non potrebbe avere.

A corroborare tale aspetto è infatti la recentissima pronuncia della CTP di Cosenza n.505/2022 nella quale la Corte di merito adita, chiamata a pronunciarsi in merito alla disciplina processuale applicabile ad un ricorso incardinato prima dell’entrata in vigore del nuovo comma 5, in ottemperanza all’inderogabile e superiore principio di diritto secondo il quale “tempus regit processum”, secondo il quale le modifiche normative in materia processuale trovano applicazione solo per i procedimenti istaurati successivamente alla loro entrata in vigore e non possono operare per il passato, ha sancito chiaramente l’irretroattività della mentovato comma 5 dell’art. 12 del DPR n. 602/73. Tale norma, precisa la Corte, in mancanza di un’apposita disposizione normativa che sancisca diversamente o di apposite norme transitorie che regolino opportunamente il passaggio dalla disposizione previgente a quella di nuova introduzione non può trovare applicazione per i giudizi incardinati in epoca precedente alla sua entrata in vigore.

Non ci resta che sperare che almeno su tale aspetto la giurisprudenza continui a mantenere la posizione giuridicamente orientata avvallata dalla Ctp di Cosenza, perché indubbiamente un orientamento di senso opposto sarebbe da ritenere ampiamente illegittimo e comprimerebbe ulteriormente gli spazi di tutela dei contribuenti in un ambito, quello degli estratti di ruolo, nel quale tale tutela appare ormai davvero esigua.