Nessuna clausola anti-abuso ACE per i casi di controllo congiunto

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Con la consulenza giuridica n.1 del 25 gennaio 2022 l’Agenzia chiarisce il perimetro applicativo delle disposizioni anti-elusive introdotte dall’art. 10 del DM 3 agosto 2017 (di seguito Nuovo Decreto Ace) ai fini ACE ai casi di trasferimenti di liquidità tra soggetti che detengono il controllo congiunto di una società sotto forma di joint venture.

Ricordiamo che l’art. 10 del Nuovo Decreto Ace disciplina le c.d. clausole “anti-abuso”, applicabili sia ai soggetti IRES che ai soggetti IRPEF, in base alle quali la variazione in aumento del capitale proprio è ridotta nei seguenti casi:

  • conferimenti in denaro a favore di società del gruppo;
  • acquisto di partecipazioni (o incremento della quota già detenuta) in società controllate già appartenenti al gruppo;
  • acquisto di aziende o di rami di azienda da società del gruppo;
  • incremento, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31.12.2010, dei crediti da finanziamento nei confronti di società del gruppo;
  • conferimenti in denaro provenienti da soggetti domiciliati in Stati o territori che non consentono un adeguato scambio di informazioni, anche se non appartenenti al gruppo.

La ragione di tale disposizione è evitare, di tutta evidenza, che a fronte di un’unica immissione di liquidità in una società il beneficio venga moltiplicato per x soggetti facenti parte del medesimo gruppo. Per “società del gruppo”, ai sensi di quanto previsto nel decreto ministeriale, devono intendersi le società controllate, controllanti o controllate da un medesimo soggetto ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, pertanto:

  1. le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Il dubbio di carattere generale avanzato dal contribuente attiene alla corretta qualificazione del controllo esercitato in comune ai fini delle disposizioni anti-abuso sopra elencate. Ipotizzando, ossia, di avere due soggetti partecipanti nelle medesime quote al capitale di una società, si richiede se tali soggetti possano essere considerati soggetti estranei e non facenti parte del medesimo gruppo, in virtù del mancato rispetto dei requisiti previsti ai sensi del 2359 codice civile.

Tanto premesso, l’Agenzia ricorda che in tema di controllo congiunto, con due specifici documenti di prassi (risoluzioni nn. 376/2007 e 326/2008), aveva individuato la non rilevanza dello stesso laddove una particolare norma fiscale richiami la nozione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile. In particolare, a eccezione delle ipotesi in cui, in capo ad alcuno dei partecipanti, ricorrano i presupposti per ravvisare l’esercizio di un controllo di fatto o contrattuale, le joint-venture non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2359 del codice civile. Queste, infatti, normalmente sono regolate da accordi contrattuali che prevedono una partecipazione paritetica dei soci alle decisioni più importanti della società, nonché la ripartizione paritetica della composizione degli organi di governo della stessa.

Quindi, conclude affermando che “nel caso di soggetti costituiti in forma di joint venture paritetica tra due società appartenenti a gruppi diversi le operazioni elencate nell’articolo 10 del nuovo decreto Ace effettuate tra i predetti soggetti non sono soggette all’applicazione delle menzionate disposizioni antielusive, poiché non sussiste tra le società il rapporto di controllo rilevante agli effetti dell’articolo 2359 codice civile, cui fa espresso riferimento la disciplina ACE”.