Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in Italia da non residenti

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

A partire dal 1° gennaio 2010 l’articolo 17, comma 2, del D.P.R. 633/1972 stabilisce che gli obblighi di assolvimento dell’iva conseguenti alle cessioni di beni, ed alle prestazioni di servizi, effettuate in Italia da soggetti non residenti, nei confronti di soggetti stabiliti sul territorio nazionale, sono adempiuti dai cessionari, ovvero dai committenti.

Nonostante sia passato oltre un decennio dalla modifica introdotta dal decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 18 relativo all’ “Attuazione delle direttive 2008/8/CE, 2008/9/CE e 2008/117/CE che modificano la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi stabiliti in altro Stato membro, nonché il sistema comune dell’IVA per combattere la frode fiscale connessa alle operazioni intracomunitarie”, agli operatori italiani capita sovente di ricevere le fatture in esame, emesse da soggetti non residenti identificati in Italia, con addebito dell’imposta sul valore aggiunto: tali fatture sono da considerarsi irregolari.

Dal dettato del comma 2 dell’articolo 17 emerge inequivocabilmente che le cessioni di beni effettuate in Italia da un soggetto che non è stabilito nel territorio nazionale, nei confronti di un soggetto che invece lo è, rientrano nel perimetro del meccanismo di applicazione del reverse charge, vale a dire che il soggetto stabilito in Italia è tenuto ad assolvere agli obblighi del debitore dell’imposta.

L’assolvimento dell’iva varia a seconda che il cedente, o il prestatore, sia un soggetto comunitario, ovvero non UE.

Nel primo caso avviene mediante l’integrazione della fattura e la relativa doppia annotazione. Nell’altra ipotesi, quindi qualora si trattasse di un soggetto stabilito al di fuori dei confini comunitari, si procede con l’emissione di un’autofattura.

Le modalità descritte di assolvimento dell’imposta a cura di quello che ai sensi dell’articolo 17, comma 2, è qualificato come debitore di imposta, prescindono dalla circostanza che il cedente sia identificato in Italia (risoluzione n. 89/E, 25 agosto 2010).

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la riforma del 2010 in recepimento delle citate direttive comunitarie, rappresenta un “radicale cambiamento [che] comporta – per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto non residente nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato – che quest’ultimo assuma sempre la qualifica di debitore dell’imposta, da assolvere mediante applicazione del meccanismo del reverse charge. Ciò anche nell’eventualità in cui il soggetto non residente sia identificato nel territorio dello Stato o ivi disponga di un rappresentante fiscale” (circolare n. 14/E, 18 marzo 2010).

Per i cedenti, ovvero per i prestatori, anche se direttamente identificatisi in Italia, non vi è l’obbligo di emissione della fattura elettronica. Rispetto ai documenti ricevuti, il soggetto nazionale dovrà procedere alla presentazione della comunicazione delle operazioni transfrontaliere (cd. esterometro). Ricordiamo che l’obbligo della presentazione è previsto per le operazioni effettuate sino al prossimo 30 giugno.

L’irregolarità della fattura pone in capo al cessionario la problematica delle sanzioni che si rendono applicabili e la possibilità o meno di esercitare il diritto alla detrazione sulla base di un documento non regolare.

L’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul tema con la risposta all’interpello n. 501 del 22 luglio 2021.

Con tale arresto di prassi, l’Erario ha ribadito che se nel caso di cui ci occupiamo il debitore di imposta è il soggetto passivo IVA italiano, il documento emesso dal soggetto estero con addebito di iva è da considerarsi irrilevante e va chiesta l’emissione di un documento corretto con la partita iva del fornitore estero.

L’Agenzia attesta che è fatto salvo il diritto alla detrazione dell’iva nel caso il cessionario assolva l’imposta nei modi ordinari, vale a dire registrando la fattura irregolare.

In ordine all’aspetto sanzionatorio, l’interpello precisa che in capo al cessionario, ovvero al committente, si rende applicabile la sanzione di cui all’articolo 6, comma 9-bis 1, del D. Lgs. 471/1997, la quale prevede in luogo dell’applicazione di quella in misura proporzionale rispetto all’imposta, quella fissa compresa fra 250 euro e 10.000 euro, definibile mediante l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D. Lgs. 472/1997. Il cedente, o il prestatore, è solidalmente responsabile dell’importo sanzionatorio.

Infine, è il caso di precisare che viene comminata la sanzione ordinaria “quando l’applicazione dell’imposta nel modo ordinario anziché mediante l’inversione contabile è stata determinata da un intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cessionario o committente era consapevole.”