Contributi a fondo perduto: attenzione ai controlli

Studio SalvettaArchivio, Fiscal Focus

Nell’ambito dell’attività di controllo, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza stanno procedendo ad analizzare la posizione dei contribuenti ad elevata pericolosità fiscale e, in particolare, coloro che pongono in essere fenomeni di frode, anche attraverso l’utilizzo indebito di crediti d’imposta e altre agevolazioni, come, per esempio, quelle previste proprio per fronteggiare le conseguenze negative connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19 (ad esempio, i contributi a fondo perduto, i ristori, etc.).

In merito a quest’ultimo aspetto, con la circolare n. 4/E del 7 maggio 2021, rubricata “Indirizzi operativi e linee guida sulla prevenzione e contrasto all’evasione fiscale, nonché sulle attività relative al contenzioso tributario, alla consulenza e ai servizi ai contribuenti”, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che l’attività di controllo degli Uffici si concentrerà molto sul recupero dei contributi a fondo perduto indebitamente fruiti.

Nella prima fase, l’Agenzia ha provveduto ad eseguire un controllo formale nel momento in cui il contribuente ha presentato la relativa istanza per ricevere il contributo.

Ora però, sia l’Agenzia delle Entrate che la Guardia di Finanza, procederanno ad eseguire i controlli sostanziali, basandosi sui dati riportati nelle dichiarazioni, “riscontrando” le fatture elettroniche ed i corrispettivi, al fine di verificare il rispetto delle condizioni di accesso alla concessione dei contributi.

Ed allora, sembra opportuno riassumere il sistema sanzionatorio previsto dalla normativa, ricordando che è possibile sanare l’indebita percezione delle sovvenzioni attraverso l’istituto del ravvedimento operoso.

Le sanzioni – In merito al controllo, sia l’articolo 25 del D.L. n. 34/2020 sia l’articolo 1 del D.L. n. 41/2021, rinviano agli articoli 31 e seguenti del Dpr n. 600/1973, che disciplina l’accertamento ai fini delle imposte sui redditi.

La procedura per il recupero del contributo in tutto o in parte non spettante, invece, è quella prevista dalle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 421 a 423, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

L’atto di recupero deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo, così come disposto dall’art. 27, comma 16, del D.L 29 novembre 2008, n. 185 e, quindi, entro il 31 dicembre 2028 o 2029.

Ulteriore rinvio è fatto, in quanto compatibili e in via concorrente rispetto alle ordinarie procedure analitiche di riscontro, alle disposizioni di cui all’articolo 28 del D.L. 1° luglio 2010, n. 78.

Il comma 2 di tale articolo consente, infatti, di attribuire l’effettuazione delle attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate ad apposite articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 71, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

Le sanzioni irrogabili, in caso di recupero, vanno dal cento al duecento per cento del contributo in tutto o in parte non spettante, dato il rinvio alla misura sanzionatoria prevista dall’articolo 13, comma 5, del D. Lgs. n. 471 del 1997. Per tale sanzione non è ammessa la possibilità di definizione agevolata.

Per il calcolo degli interessi dovuti si applica l’articolo 20 del Dpr n. 602/1973, attualmente del 4 per cento.

Per le controversie relative all’atto di recupero si rendono applicabili le disposizioni sul contenzioso tributario previste dal D.Lgs. n. 546/1992, trattandosi del recupero di un’agevolazione basata su dati di natura tributaria.

Qualora successivamente all’erogazione del contributo, l’attività d’impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l’attività, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica all’Agenzia delle entrate, è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli organi istruttori dell’Amministrazione Finanziaria. In questi casi, l’eventuale atto di recupero è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza.

Sotto l’aspetto penale, per l’indebita percezione del contributo si applica l’articolo 316-ter del codice penale in materia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, con il quale è disposto che:
“Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 640-bis, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poteri. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 3.999,96 euro si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 5.164 euro a 25.822 euro. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.
Si evidenzia che, in caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l’articolo 322-ter del codice penale attinente alla confisca.

Rimedi– Il soggetto che ha percepito il contributo in tutto o in parte non spettante, anche a seguito di istanza di rinuncia, può regolarizzare spontaneamente l’indebita percezione, restituendo il contributo, gli interessi e le sanzioni applicando la disciplina del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D. Lgs n. 472/1997.

Le sanzioni non si applicano qualora sia stata presentata una rinuncia prima che il contributo sia stato accreditato sul conto corrente bancario o postale.

Altresì, come prevede la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 22/E del 21 luglio 2020, par. 5.3 e 5.4, le sanzioni non si applicano nel caso in cui la rinuncia presentata rechi una data di protocollazione anteriore a quella di accreditamento del contributo. Inoltre, non sono dovute le sanzioni nell’ipotesi in cui il contribuente dimostri che il momento in cui ha rilevato l’errore sia antecedente alla ricezione della ricevuta di accoglimento dell’istanza.

In ogni caso, il soggetto che ha percepito il contributo non spettante deve restituire tempestivamente il contributo e i relativi interessi.