Il divieto di impugnare l’estratto di ruolo nonché la limitazione ai ricorsi sulle cartelle di pagamento, sono due delle novità di maggior rilievo, introdotte a seguito delle modifiche apportate al Collegato Fiscale 2022 (D.L. n. 146/2021).
È stato, infatti, approvato dalle Commissioni Finanza e Lavoro del Senato l’emendamento sulla “non impugnabilità dell’estratto di ruolo”.
Si tratta di “novità” che costituiscono punti fondamentali della agognata riforma del processo tributario e che ora, su richiesta dell’Agenzia delle Entrate, hanno trovato una corsia preferenziale all’interno del Collegato Fiscale, determinando, di fatto, una anticipazione temporale.
La ratio che sta alla base della richiesta dell’Amministrazione Finanziaria riguarda la necessità di limitare quanto più possibile le controversie definite dalla stessa “strumentali” istaurate dai contribuenti titolari di carichi iscritti a ruolo, riducendo così i costi di gestione e di amministrazione dei contenziosi.
L’emendamento proposto dalle suddette Commissioni del Senato intende apportare delle modifiche all’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973, mediante l’inserimento di un nuovo comma 5, che stabilisce: “L’estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dalla iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 o, infine, per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.”
Più specificatamente, la formulazione del nuovo comma 5 dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973 limita la possibilità di impugnare in maniera diretta il ruolo e le cartelle di pagamento, consentendo, dunque, l’impugnazione soltanto ad alcune ipotesi circoscritte, ovvero, nel caso in cui il contribuente sia in grado di dimostrare che dalla iscrizione a ruolo può derivargli un grave pregiudizio derivante dall’attività di riscossione, ovvero:
- partecipazione a procedure di appalto;
- pagamento dei crediti da parte di soggetti pubblici di valore superiore a 5.000 euro, erogati solo a seguito di controlli sulla presenza di carichi iscritti a ruolo di pari importo o superiori;
- perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
L’ambito di impugnabilità delineato dal legislatore, come è evidente, è piuttosto limitato e porta, di fatto, ad inibire radicalmente a molti contribuenti l’impugnazione in manifesta violazione dei diritti costituzionalmente garantiti, primo fra tutti, il diritto di difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione.
Appare chiaro, infatti, che l’opposizione ad estratti di ruolo sarà possibile solo per i soggetti che si trovano in una delle 3 condizioni sopra delineate (partecipazione a procedure di appalto, pagamento dei crediti da parte di soggetti pubblici di valore superiore a 5.000 euro, perdita di un beneficio nei rapporti con la Pubblica Amministrazione) mentre risulta radicalmente precluso per tutti gli altri. Ne deriva che saranno soprattutto i titolari di P.Iva i soggetti legittimati in base alla novella in commento ad opporre tale tipologia di atti mentre per larga parte dei contribuenti persone fisiche tale impugnazione sarà radicalmente inibita.
Una tale compressione del diritto di difesa invero ha delle rilevantissime conseguenze, in quanto, come noto, con l’iscrizione a ruolo l’ente creditore incarica l’Agente della riscossione di richiedere il pagamento delle somme dovute al contribuente, attraverso l’invio della cartella di pagamento o, in fase di riscossione volontaria, di un avviso di pagamento.
Dalla rituale notifica della cartella di pagamento, nel caso di non ottemperanza nel pagamento, l’Amministrazione Finanziaria può attivare le c.d. procedure cautelari, a garanzia del credito affidato ad Agenzia delle entrate-Riscossione o addirittura procedere con le azioni esecutive.
Il problema si pone quando la cartella di pagamento non sia stata ritualmente notificata e il contribuente non si trovi in una delle limitate ipotesi previste per impugnare l’estratto di ruolo.
Laddove la notifica non sia andata a buon fine, qualora l’emendamento in commento dovesse divenire legge è chiaro che il contribuente sarebbe totalmente sprovvisto di difesa dovendo necessariamente attendere la notifica di un successivo atto impositivo per potere sollevare eventuali vizi di notifica degli atti pregressi, esponendosi così di fatto a possibili azioni esecutive da parte del Fisco o in generale dell’ente creditore.
Che poi una così radicale limitazione sia motivata da una dichiarata esigenza di limitare il numero dei contenziosi, da un punto di vista giuridico, non appare giustificabile perché implica inevitabilmente l’impossibilità per il contribuente di difendersi di fronte a un atto invasivo della propria sfera patrimoniale.
Inutile ricordare che il diritto alla difesa, trattandosi di diritto inviolabile ed universale, non è eludibile in alcun modo, tantomeno mediante discutibili modifiche normative.