L’Agenzia delle Entrate ha affermato, sin dalla prima formulazione dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020, che il Superbonus non sarebbe stato applicabile alle unità abitative non residenziali. L’interpretazione restrittiva si desume, a detta della stessa Amministrazione Finanziaria, dal dato letterale della disposizione. Tuttavia, tale limitazione non interesserebbe i lavori effettuati sulle parti comuni dell’edificio.
Pertanto, se uno dei condomini è proprietario di un ufficio (categoria catastale A/10) o di un negozio (classificato C/1), può fruire della maggiore detrazione con riferimento alla quota di spesa che gli viene addebitata dall’amministratore di condominio sulla base delle tabelle millesimali o altro criterio. È necessario, però, che l’edificio sia a prevalente destinazione residenziale. Tale qualificazione sussiste, come chiarito dalla circolare n. 24/2020, nel caso in cui più del 50% della superficie complessiva dell’edificio sia relativa ad unità di tipo residenziale. Ai fini del calcolo della superficie complessiva delle unità immobiliari destinate ad abitazione vanno conteggiate tutte le unità immobiliari residenziali facenti parte dell’edificio, comprese quelle rientranti nelle categorie catastali cosiddette di lusso (A/1, A/8 e A/9).
Si consideri, ad esempio, il caso in cui il condominio deliberi il rifacimento del cappotto termico, ma più del 50% della superficie complessiva sia relativa ad unità classificate catastalmente come uffici (A/10). In tale ipotesi, secondo il documento di prassi citato, potranno fruire della detrazione del 110% esclusivamente i proprietari di unità immobiliari di tipo residenziale. L’interpretazione non è condivisibile, ma l’affermazione dell’Agenzia delle Entrate è estremamente chiara.
Se il condominio ha deliberato l’intervento, anche i soggetti che non potranno fruire della predetta detrazione saranno tenuti a concorrere alle spese. Tuttavia, sembra possibile affermare che i proprietari, esclusi dal beneficio del 110% possano far valere la minore detrazione del 70% non ravvisando l’esistenza di alcuna causa ostativa.
Deve infatti osservarsi, che ancor prima dell’approvazione del c.d. “decreto rilancio”, gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni negli edifici condominiali, in grado di incidere per più del 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio, attribuivano il diritto a fruire della detrazione del 70%. In tal caso, però, diversamente dal Superbonus, il legislatore non ha subordinato la spettanza della detrazione alla natura residenziale delle unità immobiliari. È dunque possibile fruirne anche con riferimento ai fabbricati che non sono a prevalente destinazione abitativa.
La tipologia di interventi che attribuiscono il diritto a beneficiare della predetta detrazione è la medesima di cui all’art. 119, comma 1, lett. a) del D.L. n. 34/2020 (il cappotto termico). Non sembra, quindi, sussistano cause ostative ad attribuire ai proprietari di unità immobiliari non residenziali la minore detrazione del 70%. Contestualmente, però, i proprietari di immobili abitativi potranno fruire del maggior beneficio del 110%.
Il termine previsto per la cessione del credito e dello sconto in fattura è diverso. Infatti, qualora il diritto alla detrazione sia inferiore al 110%, la cessione del credito è limitata alle spese sostenute entro il 31 dicembre 2021 (art. 121 del D.L. n. 34/2020). Per le spese sostenute successivamente il “recupero” del vantaggio fiscale potrà essere fatto valere esclusivamente all’interno della dichiarazione dei redditi. Invece, per il Superbonus, si potrà procedere anche oltre tale termine. Occorre però evidenziare che anche i proprietari di immobili non residenziali potranno ottenere un vantaggio fiscale, sia pure inferiore, pari alla detrazione del 70%.